Parkour, gli acrobati dell'asfalto
ecco l'ultima follia metropolitana
Il wall run, una delle acrobazie del Parkour
PRATO - La capriola per superare il muretto, la piroetta sulla parete di una casa, l'arrampicata e infine il salto da un tetto all'altro. Balzi arditi e movimenti armonici, riuniti in una corsa fluida di duecento metri. Uno dietro l'altro, squadre di ragazzi. Questi acrobati del cemento capita di vederli nelle periferie di Roma e Milano, al museo di arte contemporanea Pecci e alla stazione del Serraglio a Prato, alla Coop di piazza Leopolda a Firenze. Le prime volte, davanti a quelle evoluzioni, le massaie con la busta delle spesa si spaventavano e chiamavano la polizia. Un giorno arrivarono quattro "gazzelle" dei carabinieri a sirene spiegate. Adesso non più.
"Ora che di noi parlano tv e giornali non ci infamano più, non ci danno dei tossicomani" raccontano. Anzi, ora che sono famosi, il sindaco li invita alle manifestazioni dell'estate pratese. Proprio loro, i traceur del Parkour, che è un mix di sport acrobatico e violazione trasgressiva di spazi urbani, movimenti di arti marziali e breakdance.
Nato in Francia quindici anni fa, un migliaio di iscritti negli Stati Uniti, praticanti in Inghilterra, Finlandia, Brasile, Canada, Svezia e Russia, questo nuovo street-sport è una specie di corsa tipo skateboard, ma senza rotelle e in scarpe da ginnastica. à ˆ l'ultima moda metropolitana. Che si diffonde a macchia di leopardo.
A Prato un anno e mezzo fa è nato il primo gruppo: un laureando in archeologia egizia e uno studente delle belle arti, due informatici, una insegnante di ginnastica, in tutto una ventina di giovani che stanno seminando germogli di nuovi team a Lucca, Pistoia, Monsummano. Ma ci sono squadre a Roma, dove si corre tra i palazzi del Tufello, di Settebagni, a Fidene e al Nuovo Salario, e poi a Milano - capita di vederli a Seregno, Malegnano e San Donato - a Ferrara, Bolzano, Catania, Palermo, Ancona, Como, Perugia, Cremona e Bergamo. In tutto, per ora, alcune centinaia di praticanti riuniti in gruppetti di 5-6 giovani tra i 20 e i 25 anni, per i quali è arrivato il momento del primo raduno nazionale: 24 giugno a Roma, non-stop dalle 16.30 alle 23 a Largo Angiolillo (Montesacro).
Indossano scarpe da runner e pantaloni larghi, felpe col cappuccio e giubbotti senza maniche, si allenano duramente. Entrano in azione a mezzanotte e alle cinque del mattino quando il loro parco giochi, la città , è finalmente deserto e libero. à ˆ allora che individuano il percorso, da coprire saltando gli ostacoli: una semplice ringhiera, poi una panchina, una scala, un muretto, infine un palazzo di qualche piano. Arrampicate, capriole, salti pericolosi. Ognuno con il proprio stile. "Ma stiamo attenti a non fare danni e a non impaurire le persone. Quando quella signora alla Coop si spaventò, smettemmo subito" racconta Carlo Rindi, portavoce del gruppo di Prato.
Dicono di farlo per sport. E per bucare provocatoriamente la cementificazione metropolitana. "Dall'alto dei palazzi si godono uniche visioni prospettiche dei caratteri urbani della città " dice il futuro architetto Rindi, che è anche il "filosofo" del movimento. "Creare un percorso senza bloccarsi nelle strade imposte da altri - spiega - è un modo di vedere la vita. Tutto diviene un ostacolo, ma è l'ostacolo stesso a svelare l'altra sua faccia, trasformandosi nell'opportunità di superarlo".
Rifiutano etichette, omologazioni, persino l'associazione del Parkour alla Hip-hop-Rap come musica di riferimento. "Il Parkour non è paragonabile ad alcuna tendenza di costume, il suono adatto per la pratica è l'assenza di suono, il silenzio". Difficile, però, negare caratteri da sport estremo: quando saltano da un edificio all'altro, i traceur lo fanno per sfidare il pericolo. "Ma abbiamo chiesto di affiliarci a Coni e Uisp, è uno sport che vogliamo insegnare ai bambini" sostiene Rindi. "Certo, ai genitori faremo firmare una liberatoria da responsabilità ".